L’ascesa al potere di Hugo Chavez in Venezuela nel 1999 apre una nuova fase storica in America Latina. Da allora, tutte le elezioni presidenziali nella regione hanno trasmesso (e ci trasmettono) lo stesso sentimento: incertezza per quanto riguarda la continuazione del progetto di unità regionale. Pertanto, molte volte siamo stati esposti a questa situazione, dove ha trionfato la conferma della scelta unitaria.
La scelta di Sebastián Piñera è stato un banco di prova. Fu una svolta a destra ma senza convincere nessuno, e oggi Michel Bachelet dirige di nuovo i destini del Cile. Sebbene abbiamo avuto altre situazioni che hanno evidenziato una resistenza al nuovo corso storico – tenere a mente il colpo di stato in Paraguay (2012) o la crisi istituzionale in Bolivia, tra le altre – nella maggior parte degli stati ancora governa una classe politica che crede nell’unità regionale.
Anche quest’anno alcuni paesi sono subordinati al processo democratico, ma soprattutto uno concentra maggiormente l’attenzione: il Brasile. Un cambiamento politico lì significherebbe un duro colpo al progetto di unità dei popoli. Le elezioni del 5 ottobre e l’eventuale ballottaggio sono cruciali non solo per i brasiliani.
Per il diplomatico brasiliano Pinheiro Guimaraes – uno dei progettisti della politica estera di Lula da Silva e Dilma Rousseff – le linee guida stabilite dalla candidata Marina Silva (Partito Socialista), principale avversario della Rousseff (Partito dei Lavoratori), implica chiaramente un cambiamento di direzione, e in termini della politica estera, intraprenderebbe una strategia vista favorevolmente dagli Stati Uniti. Il programma della Silva contiene tutte le varietà di ingredienti che Washington desidera ardentemente.
Una politica estera alla carta
Se pensiamo la politica estera schematicamente come un triangolo, nel vertice superiore e come acciarino di tutto l’universo di relazioni, per Silva sono i legami con gli Stati Uniti. Nella campagna elettorale, la candidata socialista ha detto che di essere eletta migliorerebbe le relazioni con gli Stati Uniti. Ha respinto le questioni relative lo spionaggio della National Security Agency ai cui diversi funzionari governativi sono stati sottoposti, ma senza dubbio crede che è necessario voltare pagina e sbrinare i collegamenti con il principale paese del continente. Attualmente i rapporti sono paralizzati da questo fatto, anche se è noto che l’attrito proviene dal governo di Lula quando il Brasile cessò il profilo sottomesso tipico degli anni ‘90.
Nel secondo vertice del triangolo ci sono i legami regionali. Chiaramente l’alleanza strategica con Cuba e Venezuela è incompatibile con il primo asse della politica estera. Marina è stata esplicita e su di esso ha usato le argomentazioni classiche della destra: il Brasile dovrebbe promuovere i diritti umani. Anche in relazione a Cuba ha detto che deve diventare una democrazia. La storia ci ha già dimostrato che questo stile retorico riguarda piuttosto un uso ideologico e non tanto una convinzione.
Sullo stesso livello appare il Mercosur, poco aperto al mondo secondo il suo gusto. Guimaraes afferma che un modo di indebolire lo schema sarebbe quello di rimuovere la clausola che impone agli stati parte di negoziare congiuntamente accordi di libero scambio (ALS) con altri blocchi. Così, si aprirebbe la strada per la firma di un ALS con l’Unione Europea (UE). Tuttavia, se la clausola rimane in vigore, sarebbe altrettanto negativo un accordo di libero scambio del blocco con l’UE, il quale attualmente avanza lentamente (1). Un altro correlato dei cambiamenti nella politica nei confronti del Mercosur sarebbe un avvicinamento all’Alleanza del Pacifico (Formata da Messico, Colombia, Perù e Cile) e rimane incerto il ruolo che avrebbe l’UNASUR.
Infine, l’ultimo capitolo corrisponde al blocco BRICS, il contrappeso all’unilateralismo americano e ai suoi alleati occidentali. In base al primo vertice è chiaro che dovrebbero essere riveduti tutti gli sforzi fatti da Dilma per rafforzare l’unità dello spazio. Nel programma politico Silva dedica solo minime linee al BRICS senza considerarlo come un impegno strategico. È poco probabile che sotto le bandiere della difesa dei diritti umani, liberalizzazione degli scambi, e ottimi collegamenti con gli Stati Uniti, la partecipazione del Brasile nel blocco sia per controbilanciare l’egemonia di Washington.
I risultati delle elezioni del 5 ottobre, o come molti esprimono, del ballottaggio del 26 dello stesso mese, possono danneggiare il progetto di unità regionale, ma anche lasciare impotente al Brasile. Nonostante sia una delle più grandi economie del mondo, il Brasile non è ancora un global player. È chiaro che le grandi potenze sono riluttanti all’ingresso di nuovi soci nel club ed il Brasile senza sostegno regionale avrà maggiori difficoltà. Indebolire il Mercosur (e in particolare il legame con l’Argentina), perdere l’area di influenza che proietta Unasur, ed erodere la forza che porta ai BRICS, complicherebbe non solo l’unità regionale attuale, ma anche la possibilità del Brasile di eseguire un progetto politico nazionale con autonomia. Le urne parleranno.
Maximiliano Barreto (Universidad Nacional de Rosario, Argentina)
NOTE
(1) “Marina Silva busca debilitar el Mercosur” in Página 12. 10 settembre 2014, pag. 22-23. Buenos Aires.